È la forma più antica di produzione di sale marino, fatta in stabilimenti detti saline. Viene fatta solitamente a partire dall’acqua di mare, che viene raccolta in vasche impermeabilizzate di grande estensione e bassa profondità; l’acqua di mare staziona nelle vasche e, per effetto dell’irraggiamento solare, la salamoia si concentra. Poiché durante la concentrazione si verifica la precipitazione di sali diversi dal cloruro di sodio, la salamoia stessa viene trasferita, col crescere della concentrazione, a vasche diverse. Le prime vasche, in cui non si ha precipitazione, sono dette evaporanti; quelle in cui precipitano i sali di calcio (se esistono), sono dette decalcificanti. Raggiunta la concentrazione di circa 300 g/l di NaCl, la salamoia viene passata nelle vasche cristallizzanti, in cui si ha precipitazione del cloruro di sodio.

Il cloruro di sodio solido depositatosi sul fondo delle vasche cristallizzanti viene quindi raccolto con macchine dette coltivatori e inviato alla fase successiva di raffinazione.

Scopo della raffinazione è l’eliminazione dei sali diversi dal cloruro di sodio. Tale eliminazione si ottiene mediante lavaggio in controcorrente con acqua quanto più pura possibile, sfruttando la maggiore solubilità dei carbonati e di altri sali, come quello di magnesio: si ottiene così un cloruro di sodio con titolo di NaCl oltre il 99,5%, che viene essiccato e commercializzato come sale marino.

Sale marino: evaporazione solare

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